LA STORIA DELLA UIL
La sfida che si trovano ad affrontare i partiti del Comitato di Liberazione
Nazionale (CNL) e i leader sindacali Buozzi, Di Vittorio e Grandi per la
riorganizzazione sindacale risulta molto complessa.
La nascita della UIL si
inquadra a pieno titolo nel clima e nello spirito della ricostruzione.
Il DNA della UIL parte
dunque da lontano, esso è composto da neucleotidi inconfondibili presenti in
alcuni fin dalla loro opposizione al regime fascista, rafforzatisi in altri
dall’impegno nella Resistenza e in altri ancora consolidatisi nell’attività
sindacale svolta nella Confederazione unitaria. Uomini che hanno trasfuso nell’organizzazione
i principi perseguiti da Filippo Turati, il capo riconosciuto dei riformisti,
in congiunzione con l’idealità di un altro grande padre della patria: Giuseppe
Mazzini, il cui pensiero è sempre stato di straordinaria attualità.
Turati e Mazzini due giganti che hanno, in campo politico, influenzato le scelte ideali di coloro che hanno fatto e guidato la UIL, così come Bruno Buozzi né è stato l’esempio da seguire in quello sindacale.
Il patrimonio ideale della UIL ha trovato un forte arricchimento nel movimento azionista, negli insegnamenti dei fratelli Carlo e Nello Rosselli e giovamento dalla vicinanza politica di grandi uomini della cultura, come Leo Valiani e Ignazio Silone.
Un sostegno che si è integrato perfettamente con il modello di sindacato idealizzato da Bruno Buozzi alla cui edificazione aveva profuso tante delle sue energie e che solo la sua uccisione ne aveva impedito il completamento dell’opera intrapresa..Alla “Casa dell’Aviatore”, il 5 marzo 1950 convennero dirigenti e delegati operai che fino all’ultimo avevano tentato di evitare la scissione del 1948. Nacque la UIL (Unione Italiana del Lavoro) con la partecipazione di 253 delegati, in rappresentanza di migliaia di dirigenti organizzati e presenti nella periferia, tutti decisi a compiere una scelta organizzativa in grado di offrire ai lavoratori un’ organizzazione libera dall’egemonia delle due maggiori forze politiche dominanti all’interno della CGIL (i comunisti) e della CISL (i democristiani), un sindacato che forte delle sue radici, delle sue idealità e della sua coerenza sapesse coniugare con esse l’attualità del momento ed elaborare le linee strategiche della sua azione futura. Il giorno seguente a Roma, nella prima sede della UIL a Via Tevere, venne eletto il Comitato Esecutivo facente funzione di segreteria confederale composto da: Giuseppe Bacci, Renato Bulleri, Arturo Chiari, Enzo Dalla Chiesa, Emanuele Levi, Umberto Pagani, Amedeo Sommovigo, Mario Tiberi, Raffaele Vanni.Il 28 aprile dello stesso anno venne depositato dal notaio Ignazio Arcuri l’atto costitutivo e lo statuto della UIL.Nonostante le difficoltà dei primi anni di vita, l’azione della UIL fu incalzante tra il 1955 e il 1960: basti ricordare un episodio fra tutti, il grande successo che ottenne alla FIAT, il 29 marzo 1955, nelle elezioni di Commissione Interna grazie al quale si affermò e consolidò divenendo uno dei maggiori interlocutori all’interno della fabbrica.
La UIL fin dalla sua nascita diede vita ad un’organizzazione laica e indipendente che rifiutava le egemonie partitiche nel sindacato, così come di essere solo uno strumento “che esaurisce le sue funzioni nelle rivendicazioni salariali e nella regolamentazione dei diritti e doveri dei lavoratori in fabbrica o nella azienda”, ma con l’autonomia di divenire una Confederazione capace di affrontare “tutti i problemi che investono direttamente o indirettamente gli interessi della classe lavoratrice” in modo da non lasciare “ alla sola iniziativa parlamentare e dei partiti politici di occuparsi dei suoi problemi, ma di affrontarli sostenuti dal sindacato con l’eventuale appoggio dei partiti senza però vincolare la sua azione a questo o quel partito”.
Una posizione fondamentale che inciderà sul mantenimento del ruolo sindacale dell’organizzazione e ne ispirerà molta parte della politica rivendicativa.
Turati e Mazzini due giganti che hanno, in campo politico, influenzato le scelte ideali di coloro che hanno fatto e guidato la UIL, così come Bruno Buozzi né è stato l’esempio da seguire in quello sindacale.
Il patrimonio ideale della UIL ha trovato un forte arricchimento nel movimento azionista, negli insegnamenti dei fratelli Carlo e Nello Rosselli e giovamento dalla vicinanza politica di grandi uomini della cultura, come Leo Valiani e Ignazio Silone.
Un sostegno che si è integrato perfettamente con il modello di sindacato idealizzato da Bruno Buozzi alla cui edificazione aveva profuso tante delle sue energie e che solo la sua uccisione ne aveva impedito il completamento dell’opera intrapresa..Alla “Casa dell’Aviatore”, il 5 marzo 1950 convennero dirigenti e delegati operai che fino all’ultimo avevano tentato di evitare la scissione del 1948. Nacque la UIL (Unione Italiana del Lavoro) con la partecipazione di 253 delegati, in rappresentanza di migliaia di dirigenti organizzati e presenti nella periferia, tutti decisi a compiere una scelta organizzativa in grado di offrire ai lavoratori un’ organizzazione libera dall’egemonia delle due maggiori forze politiche dominanti all’interno della CGIL (i comunisti) e della CISL (i democristiani), un sindacato che forte delle sue radici, delle sue idealità e della sua coerenza sapesse coniugare con esse l’attualità del momento ed elaborare le linee strategiche della sua azione futura. Il giorno seguente a Roma, nella prima sede della UIL a Via Tevere, venne eletto il Comitato Esecutivo facente funzione di segreteria confederale composto da: Giuseppe Bacci, Renato Bulleri, Arturo Chiari, Enzo Dalla Chiesa, Emanuele Levi, Umberto Pagani, Amedeo Sommovigo, Mario Tiberi, Raffaele Vanni.Il 28 aprile dello stesso anno venne depositato dal notaio Ignazio Arcuri l’atto costitutivo e lo statuto della UIL.Nonostante le difficoltà dei primi anni di vita, l’azione della UIL fu incalzante tra il 1955 e il 1960: basti ricordare un episodio fra tutti, il grande successo che ottenne alla FIAT, il 29 marzo 1955, nelle elezioni di Commissione Interna grazie al quale si affermò e consolidò divenendo uno dei maggiori interlocutori all’interno della fabbrica.
La UIL fin dalla sua nascita diede vita ad un’organizzazione laica e indipendente che rifiutava le egemonie partitiche nel sindacato, così come di essere solo uno strumento “che esaurisce le sue funzioni nelle rivendicazioni salariali e nella regolamentazione dei diritti e doveri dei lavoratori in fabbrica o nella azienda”, ma con l’autonomia di divenire una Confederazione capace di affrontare “tutti i problemi che investono direttamente o indirettamente gli interessi della classe lavoratrice” in modo da non lasciare “ alla sola iniziativa parlamentare e dei partiti politici di occuparsi dei suoi problemi, ma di affrontarli sostenuti dal sindacato con l’eventuale appoggio dei partiti senza però vincolare la sua azione a questo o quel partito”.
Una posizione fondamentale che inciderà sul mantenimento del ruolo sindacale dell’organizzazione e ne ispirerà molta parte della politica rivendicativa.
I padri fondatori della UIL,
qualunque fosse la loro provenienza o estrazione politica, sindacalisti del
pre-fascismo, socialisti, socialdemocratici, azionisti, repubblicani o altro
trassero dalla fusione dei valori fondamentali, di cui erano portatori,
l’energia necessaria per lanciare l’organizzazione e farla conoscere ed
apprezzare come nuovo modello di sindacato.
Dalla storia ed ancor più dalla cronaca degli ultimi congressi, si evince come e quanto la UIL ponendo al centro della sua azione il lavoro come valore assoluto e vera ricchezza per il Paese ritenga il riformismo quale unica via per lo sviluppo e la piena valorizzazione di tutta la società.
È l’affermazione di quel DNA che i laici e i riformisti hanno saputo trasmettere e che i continuatori non mancheranno a loro volta di passarlo a coloro che seguiranno garantendo il mantenimento del progressivo sviluppo dell’organizzazione.
Dalla storia ed ancor più dalla cronaca degli ultimi congressi, si evince come e quanto la UIL ponendo al centro della sua azione il lavoro come valore assoluto e vera ricchezza per il Paese ritenga il riformismo quale unica via per lo sviluppo e la piena valorizzazione di tutta la società.
È l’affermazione di quel DNA che i laici e i riformisti hanno saputo trasmettere e che i continuatori non mancheranno a loro volta di passarlo a coloro che seguiranno garantendo il mantenimento del progressivo sviluppo dell’organizzazione.
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